di Paola Rosa Adragna
Un progetto nell’isola. Presto si potrà prenotare un posto in una delle 15 strutture che verranno ristrutturate. A Oristano il via da quest’estate
Le onde che si infrangono sugli scogli. Il passaggio di una nave in lontananza. La natura come unica compagna. La vita dei guardiani dei fari è un’immagine evocata da vecchi libri o, al massimo, un ricordo sbiadito nei racconti degli anziani. Ma il fascino che esercita sui viaggiatori è tale che in molti vorrebbero sperimentarla. E il loro desiderio non è più così lontano dalla realtà. Almeno in Sardegna, dove 15 fari saranno presto pronti a ospitare i turisti.
Il progetto “SardegnaFari” – opera dell’Agenzia di Conservatoria delle coste e degli assessorati agli Enti locali e all’ambiente della Regione con il coinvolgimento degli ambientalisti di Fai, Wwf e Legambiente – punta a recuperare le strutture ormai abbandonate dell’isola e reinserirle nel patrimonio costiero caro tanto ai sardi, quanto ai visitatori. “L’obiettivo – racconta Alessio Satta, direttore della Conservatoria – è quello di creare una rete sul territorio regionale all’insegna della cultura del mare, una parte fondamentale della storia della Sardegna”.
L’esperienza dei faristi potrà essere rivissuta: in ogni struttura si potrà mangiare e dormire, con capacità ricettive diverse (dai venti posti letto del Vecchio Faro di Razzoli, sull’isola della Maddalena, alle sole tre stanze di altri fari più piccoli). Molti ospiteranno musei sulla vita di mare, ma oltre all’identità comune, ogni singolo edificio valorizzerà la sua storia personale. Come la stazione di vedetta di capo Figari, dove Guglielmo Marconi fece installare il collegamento in micro-onde di 269 km con Rocca di Papa. O l’ex stazione semaforica di punta Scorno sull’Isola dell’Asinara, che fu testimone della fine della corazzata Roma, la nave da battaglia affondata il 13 agosto 1943 dai bombardamenti tedeschi.
Il costo del progetto è di circa 15 milioni di euro. Parte delle risorse saranno messe a disposizione dalla Regione. “I fondi verranno destinati ai i lavori urgenti. O per rimettere in sesto i posti di valore ambientale e culturale che non verranno destinati all’utilizzo pubblico e non porteranno rendita economica”, spiega Satta. Gli altri lavori verranno finanziati dai privati che, selezionati attraverso un bando pubblico, avranno in gestione l’immobile. Sempre garantendo le finalità individuate dalla Regione.
Per prenotare però bisognerà aspettare ancora un po’. I lavori non sono ancora iniziati, se non a Torregrande, Oristano, che sarà pronto già da questa estate. “Per gli altri – dice Satta – la fase di redazione dei progetti di valorizzazione si conclude con l’approvazione della Giunta entro settembre, poi entreranno in gioco i privati”. E a dimostrazione del fascino che esercitano sulle persone, aggiunge: “Alcuni hanno anche espresso il desiderio di acquistare un faro e usarlo come casa-vacanze”.
Lo scopo però non è questo. “I fari sono un bene comune e tali devono restare. Devono certamente portare ricchezza all’isola, ma devono restare fruibili”. Come nel caso dell’ex stazione semaforica di Capoferro, Arzachena, a due passi dalla Costa Smeralda. La struttura completerà l’offerta culturale ed enogastronomica della zona, magari con un ristorante a km zero, con prezzi accessibili non solo a un certo tipo di clientela. Nessun resort di lusso come a capo Spartivento, quindi, ma neanche centri di ricerca specializzata, come quello delle Università di Cagliari e Trieste a punta Sardegna, diventato inaccessibile se non agli addetti ai lavori. Perchè l’emozione di un faro è di tutti.